La morte non è nel non poter comunicare ma nel non poter più essere compresi
 

Pasolini e il '68
CONVEGNO INTERNAZIONALE
Roma, 29 - 31 ottobre.2018
Centro Culturale
«Enrico Berlinguer» · Viale Opita Oppio, 24




Prima di tutto devo ringranziare il presidente Claudio Siena e tutto il suo team di lavoro. Ringraziamo anche tutti gli ospiti per la loro generosa partecipazione, in particolare, Piero Colussi, presidente del Centro Studi PPP Casara, per il suo supporto entusiasta, e Roberto Chiesi, per la sua preziosa collaborazione nella preparazione di questo Convegno. Ovviamente, grazie a tutti coloro che partecipano, senza la cui voce questo incontro non avrebbe nemmeno senso. Infine, vorrei ringraziare il Consiglio di Presidenza dell'EMUI, in particolare Michela Zanarella e Paloma Criado, che sono i veri garanti del design e della gestione puntuale del nostro soggiorno nella Roma di Pasolini.

E questa è la raggione del mio sogno
(gettando il proprio corpo nella lotta):

Tutto è sacro. Perche tutto è religio. Non ecclesia. Tutto è diverso. Noi siamo diventato diversitá. Qui ed ora. Qui è santitá. Perche tutti noi siamo attuali nella diversitá. Adesso è l’ora della rinascita, adesso è l’ora dell’epifania (possibile) della santità.  Perche è questa la forza del mio passato. Del nostro passato e del nostro tempo.

Questa forza è la luce della bellezza, non appariscente, mondano. La bellezza è solo nascosta dal designer di spazi e oggetti deperibili di piacere per il consumo immediato. Spazi per le varie modalità di vita e la loro varia disposizione negli spazi stessi. Posizioni di consumo di fronte a varie offerte multimediali di seduzione, dove l'egemonia è patrimonio della televisione e delle mode che vengono imposte all’uomo e lo distraggono dal suo obiettivo universale che è l’accordo, l’interscambio culturale, l’amore. Le mode nel fare e pensare. Le mode nella prospettiva di esclusione ‘attuale’. Le mode nella gestione dei tempi di vita. Tutto è pseudo-politica e velocità. Edonismo e chiusura, termine anticipato dell’essere umano.

Ma tutti noi siamo attuali e autentici nella diversità, perché la diversità è un diritto non concesso, l'uguaglianza è la legittimazione di quel diritto falsamente riconosciuto. Omologare è neutralizzare il diritto di essere diversi, intesi come ‘tolleranza, che essa stessa omologa’. Questa è la falsa tolleranza! Diventare tutti uguali così da essere strumentalizzati tutti insieme perchè è in questo modo che lessere vivente non è più diverso.

L’omologazione non deve trasformare l’essere in persone tutte uguali e non deve essere legittimata. Gli autentici processi di legittimazione non devono essere processi di esclusione, ma di adattamento alla novità che è tutta una sorpresa. Prevista o non prevista. Non è qualcosa che appare nell nostro presente, è una sorpresa illuminata, bellissima ed unica nel suo genere. Che viene da un centro periferico, benefico. L’omologazione diventa progresso con lo sviluppo o si trasforma in una brutale riconversione del male, un vuoto antropologico. Cito PPP: “Una perdita d'identità, d'altronde, che non offre alla borghesia alcun motivo di riscatto”.

Non ci saranno più poveri, ma precari borghesi. Non esisterà un'organizzazione di classe. E non sarà più possibile reclamare i propri diritti né combattere. Solo manifestazioni di disincanto, rabbia e impotenza. Perché la borghesia non sarà più una classe, ma il peggiore dei mali possibili. La borghesia creerà da se stessa le contraddizioni per sopravvivere, superandosi, andando contro gli oppositori o gli stessi alleati. Come sottolinea Pier Paolo Pasolini: “Per borghesia non intendo tanto una classe sociale quanto una vera e propria malattia. Una malattia molto contagiosa.”

Ci sono dei criminali perfetti collusi con autorità a cui noi diamo credito, come i politici criminali che distruggono le speranze della gente che li ha votati. Il crimine, tuttavia, è una notizia quando il suo autore non rispetta le ‘regole della proprietà’ perchè se ne frega degli allarmismi sociali, cioè le ragioni dei poveri. Povero, nel senso che ignora la sua stessa omologazione tra i ricchi e i poveri. È una orrenda e criminale macchinazione di chi sta al Potere. Questo è il motivo per cui il crimine di Stato non è neanche ‘visibile’. Perché il crimine di Stato è un ‘crimine per delega", di paternità confusa. Per un giudice, in questo caso, l'imputazione è supportata nelle ragioni che i media diffondono.

La religione del nostro tempo è credere in una fede globale. La TV gestita da politici che vogliono l’omologazione di massa è responsabile della loro ‘santificazione’. Assaltare il Palazzo non è più un privilegio del proletariato, né del sub-proletario contadino, rurale o periferico. Neanche quando la periferia occupa il centro con le sue manifestazioni di protesta che non potranno più avvenire. Uguale nella possibilità di consumare, come uguale sarà l’impossibilità di trasgredire e di essere forti nelle proprie idee di trasgressione.

Il maggio del '68 è ‘Il Caos’, che ha rappresentato la ribellione dei giovani borghesi contro l'eredità politica e culturale dei loro genitori. È questo il ‘Teorema’ che la famiglia tradizionale borghese non comprese, questa famiglia borghese, non fu in grado di riconvertire il senso della modernità nelle esigenze attuali e pratiche. È questo il messaggio di “Uccellacci e uccellini" e di “Alì dagli occhi azzurri”. È questo il pianto di qualcuno che ancora rabbrividisce quando arriva a La fontana delle Tartarughe. L'impossibilità di superare quell'era del capitalismo selvaggio, e si protegge sotto l'ombrello sociologico di una società di massa, anodina e indifferente che deve essere omologata.

A noi non resta altro che ripensare ai dettami di Marx, logicamente come osservatori post moderni. Dovrà essere la prassi comune quella di ripensare alle situazioni preindustriali o premoderne. E ciò vuol dire pensare a Pasolini, al suo alto impegno sociale nello scuotere i giovani, le masse, ricorrendo ai mezzi che all’epoca aveva a disposizione: il giornale, il cinema, la televisione, le interviste rilasciate, le foto, gli incontri. Ecco perché siamo qui, in questo scenario privilegiato che ci ha offerto il Centro Enrico Berlinguer.

Condividiamo ora una lettura di Pier Paolo Pasolini che, per molti di noi qui presenti, potrebbe rappresentare un programma di vita, un modello che per quanti amano la Cultura, la Letteratura potrebbe rappresentare un motto: “La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza. La nostra indipendenza, è essere qui ora. In questa Borgata della ragione e della lotta. E lo faccio pensando a chi non è qui oggi, come avevo programmato: Angela Felice. Perché tanto per lei, quanto per noi, per un marxista la morte non entra in considerarazione.

(Per chi non la conosceva: Angela Felice era, fino alla sua recente morte, impegnata e generosa direttrice del Centro Studi PPP di Casarsa della Delizia ereditando la fitta documentazione di Angela Molteni, amica di Pier Paolo Pasolini)

Román Reyes
Roma, 29 ottobre 2018


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 La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza